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Il cavallarizzo — 1562 / CORTE Claudio, 1562 | |||||||||
Il cavallarizzo di M. Claudio Corte di Pavia, nel quale si tratta della natura de’
cavalli, del modo di domarli et frenarli, et di tutto quello che a’ cavalli et a buon
cavallarizzo s’appartiene.
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CORTE Claudio
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Italien |
« Nel proemio dell’opera, un classico della storia della letteratura equestre non
solo italiana, Claudio Corte dichiara di aver “preso ardire di scrivere con ordine
distinto & chiaro tutto quello che a materia di cavalli & a buon Cavallerizzo s’appartiene”.
Il Cavallerizzo
è diviso in tre libri. Nel primo “si ragionerà della natura de’ cavalli, del modo
di tener razza, dell’allevar polledri, del farne scelta, del governo loro, & di molte
altre cose utili, & necessarie intorno a questo”. Nel secondo ”ragioneremo del modo
del cavalcare, & del frenare, & d’altro a questo, & al Cavaliere appartenente”. “Nel
terzo & ultimo diremo quello che a buon Cavallerizzo si conviene: lasciando a dietro
quella parte del medicare, & ferrare, come propria del marescalco, & del ferraro”.
Si propose di scrivere su questi ultimi argomenti un nuovo libro che però o non venne
mai scritto o non è mai giunto a noi. Il terzo libro differisce dagli altri perché
è diviso in “dialoghi”, secondo l’uso del tempo, “essendo il dialogo attissimo a trattar
tutte le cose in qual si voglia genere, che elle si sieno”. La conversazione si svolge
tra l’Autore ed il “Commendator Fra Prospero Ricco, gentihuomo Milanese molto honorato
& nel mestiere che ottimo Cavallerizzo”. Il colloquio si immagina avvenuto nel giardino
di Agostin Gisi, a Milano, “nel quale ancora molte volte usavamo divenire a diporto,
a correr lance, maneggiar cavalli nelle sue belle, dilettevoli & ombrose strade per
fuggire la malvagità del caldo”.
Negli intenti dell’Autore il libro era destinato ad un vasto pubblico, anche quello
poco o nulla istruito. Molto severo è il giudizio di Corte circa l’ignoranza dei cavallerizzi
suoi contemporanei tanto da scrivere” a’ cavallerizzi del tutto ignoranti si potrebbe
anco dire quell’adagio over proverbio che dice : sono più ignoranti di Filonide, che
fu tra gl’ignoranti ignorantissimo” Il Cavallerizzo di Claudio Corte è la rappresentazione
del gentiluomo del Rinascimento, colto, istruitoe raffinato come si può ricavare dalla
lunga descrizione trattata nel terzo libro. Contrariamente alle opere di
Federico Grisone
e di
Cesare Fiaschi
lo scritto di Claudio Corte conobbe soltanto una traduzione all’estero. Thomas Bedingfield
la tradusse in inglese e fu edita a Londra da H. Denham con il titolo di
The Art of Riding
nel 1584. »
Mario Gennero (2019)
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