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Ubertalli, Ruggero (1877 – 1974)

« Ruggero Ubertalli (1877-1974) iniziò la sua carriera militare all’età di 15 anni all’Accademia Navale di Livorno per passare poi, a 19 anni, a quella di Modena. Nominato sottotenente di Cavalleria nel 1898 venne assegnato, due anni dopo, ai "Lanceri di Milano" dove prestava servizio il tenente Caprilli, già noto per la sua bravura e per i successi a cavallo. Con lui erano altri nomi della nostra equitazione : Pandolfi, Calvi, Piscicelli, Anseimi, Bianchetti, future colonne dell’equitazione naturale.
Caprilli intuì presto le doti atletiche e la sensibilità di Ubertalli, del quale apprezzava particolarmente la spiccata elasticità e la flessuosità naturale, tanto che Barontini scrisse osservando Ubertalli a cavallo : "un’armonia, un accordo, un assieme così perfetto fra cavaliere e cavallo, non si sono visti giammai". Ubertalli, vincitore di innumerevoli concorsi, montò spesso cavalli "difficili" ottenendo risultati che altri cavalieri ritenevano impensabili, come, ad esempio con Gitomor. Questo cavallo, figlio di un trottatore, che aveva partecipato a dei cross in Francia, portato in Italia da Antonelli venne affidato a Ubertalli che lo lavorò inizialmente alle redini elastiche, - come ricorda Mario Badino Rossi - per togliergli il vizio di rovesciare la testa. Superato questo difetto il cavallo continuò a non tollerare il minimo disturbo, infatti pretendeva che il suo cavaliere rimanesse fermo in sella. Cavallo molto generoso, gran saltatore, con pochi tempi di galoppo passava i due metri e non sapeva cosa volesse dire toccare l’ostacolo. Quando Ubertalli lasciò la Scuola, il cavallo, considerato troppo difficile e nervoso, venne adibito al carro bagaglio e poi riformato ed... abbattuto !
La fama di Ubertalli è legata, in particolare, al cavallo Vissuto. Quando il binomio si incontrò per la prima volta - verso la fine del 1908 - il cavallo da otto mesi non si lasciava più montare, era un soggetto particolare che non sopportava il benché minimo sbattimento di gambe. Nessun cavaliere principiante sarebbe stato in grado di montarlo in percorso. Alcuni nomi illustri lo montavano, esclusivamente in gare di elevazione, su un singolo ostacolo, riducendolo però un animale intrattabile ed immontabile, tanto che non usciva più dalla scuderia. In queste condizioni lo trovò Ubertalli, che ricominciò il suo addestramento con pazienza e progressione. Venne presentato in concorso al’internazionale di Torino nel 1911 ed a Genova nello stesso anno. Il binomio Ubertalli-Vissuto divenne l’idolo dei concorsi ippici per diversi anni. « Pur sempre pauroso, la sua entrata in campo - scrive ancora Mario Badino Rossi - aveva qualcosa della corrida, nel momento in cui il toro... vede aprirsi la porta dell’androne sotto le tribune e crede di essere libero... ». Per concentrarlo sugli ostacoli e per limitare il campo visivo, per evitare che si spaventasse oltre il dovuto, Ubertalli munì il suo grigio di paraocchi, permessi a quel tempo dai regolamenti. Vissuto raggiunse la massima fama conquistando il record di elevazione con un salto di 2,20 m. Questo primato venne battuto soltanto nel 1938 da un altro caprilliano, Antonio Gutierrez, con un salto di 2,44 m.
Commentando la fotografia che ritrae Ubertalli e Vissuto al culmine della parabola dei 2,20 m, Badino Rossi annotò « ... il cavaliere è fermo in sella e composto, nell’assieme del cavallo, come su di un ostacolo di medie dimensioni o normali di percorso. La gamba è ferma, naturalmente cadente, non si sposta né avanti né indietro, il tallone è basso, col piede introdotto nella staffa, tipico giusto uso della staffa. Il cavaliere posa le redini sulla base del collo del cavallo, con semplicità e naturalezza come se il cavallo muovesse al passo, pronto a valersi dell’aiuto della martingala, se necessario, nella preoccupazione, o attenzione, di non disturbare minimamente il cavallo in questo momento critico, specie per la sua sensibilità... ». Una applicazione pratica delle regole del sistema caprilliano, il tutto a 2,20 m ! Ubertalli divenne uno specialista delle gare di elevazione. Si rese famoso fin dal concorso internazionale di Torino del 1902 quando, in un fuori programma, si cimentò con l’amico Caprilli alla conquista del primato di elevazione. Come è risaputo Caprilli, al termine della categoria di elevazione, vinta dal francese Daguillon Pujol, deluso per essere stato eliminato al salto di 1,70 m montando un cavallo che poteva superare i due metri, lanciò una sfida, rivolta essenzialmente ai francesi, a chi in pratica, avesse superato i due metri in tre tentativi. Propose in premio la ragguardevole cifra di 500 lire. Nessuno però si fece avanti ad eccezione di Ubertalli, pur senza alcuna pretesa di vittoria. Caprilli con Melopo saltò 2,08 m, mentre il suo allievo, con Cheerful, si fermò la prima volta col muso contro le barriere, la seconda volta passò netto con l’anteriore, ma sfiorò con i posteriori facendo cadere la barriera del verticale !
Ubertalli, profondo conoscitore di uomini e di cavalli, tecnicamente preparato, si affermò sia come cavaliere sia come istruttore. Debuttò in concorso nel 1900 a Salsomaggiore vincendo una delle gare di elevazione; nel 1902 partecipò allo "storico" concorso internazionale di Torino presentando il "sistema"; nell’anno successivo fece parte, con Bolla e Calvi, della squadra che per la prima volta difendeva i colori italiani all’estero, a Buenos Aires. Innumerevoli sono state le sue vittorie. Da segnalare la sua affermazione nel 1911 nel campionato del cavallo d’arma, una prova istituita da Caprilli.
La prima guerra mondiale vide Ruggero Ubertalli presente in reparti a cavallo, poi dal 1915 nell’aviazione, come comandante della Settima e Ventiseiesima squadriglia Voisin meritando una medaglia di bronzo al Valore militare. Terminato il conflitto ritornò all’attività equestre. Partecipò alle Olimpiadi di Pershing con la cavalla Gioconda. Fu direttore dei corsi della Scuola di Cavalleria, comandò i reparti delle Guide e fu comandante di Genova Cavalleria, di stanza a Roma. Fu nominato ispettore ippico e veterinario. Percorse tutti i gradi della carriera militare fino a Generale di Corpo d’Armata. Profondo conoscitore del mondo equestre e delle dottrine del Maestro, grande uomo di cavalli, esperto di ippologia e di ippotecnica, tecnico dell’allevamento, in cui operò per affermare un prodotto nazionale, in particolar modo quando diresse il centro di Lipizza, allora italiano, collaborò anche con numerosi scritti alle principali riviste specializzate, in particolare a II Cavallo Italiano. Ubertalli, quasi con un senso di preveggenza, si rese conto, fin dagli anni Venti, che l’insegnamento del Maestro, basato essenzialmente sull’esempio e sulla pratica dei migliori allievi della Scuola di Pinerolo, si stava perdendo. Nel 1923 le Industrie Grafiche Italiane editarono un volumetto di 120 pagine dal titolo Elementi di Equitazione naturale, frutto ed essenza del puro pensiero di un allievo diligente ed intelligente. Da questa intuizione nacque il suo libro, l’unico scritto dei tanti discepoli del Capitano. « Dopo aver pietosamente radunate nell’urna, con le mie mani, le ceneri del compianto capitano Caprilli, passati alcuni anni e subentrata un po’ di calma nelle sorti dell’Arma, mi parve ora di compiere un sacro dovere nel cercare di completare l’opera che il destino Gli ha troncata... » scrisse nella prefazione del lavoro dedicato "alla memoria del Maestro".
Ubertalli nella sua, forse troppo breve, opera elaborata in vista di una equitazione militare e non sportiva, partì dal concetto che Caprilli lasciò soltanto delle direttive e non un metodo di insegnamento. Da questa mancanza di una codificazione scritta del metodo naturale, nel tempo, sono derivate le varie "scuole" fino a raggiungere un "non metodo" dei nostri giorni con i risultati ben noti a chi frequenta i concorsi ippici ! « Il mio modesto lavoro - conclude l’autore - non ha altra speranza ed altro scopo che questo : dare un metodo per insegnare gli inoppugnabili principi del nostro sistema di equitazione, nel miglior modo e nel più breve tempo » . » Gennero (2019)