« Gentilhomme napolitain du milieu du XVI
e
siècle, un des écuyers les plus célèbres de l’Italie : la réputation de l’Académie de Naples lui est due en grande partie. Il était, paraît-il, « doué de tous les avantages recherchés dans un cavalier ».
Il a publié, en 1550, en italien, un traité d’équitation et d’embouchures qui a obtenu un succès prodigieux, et qui a eu de très nombreuses éditions dans toutes les langues de l’Europe. Les traductions françaises sont décrites ci-dessous en détail et les autres sommairement indiquées. »
Mennessier de La Lance (1915-1921)
« Il gentiluomo napoletano Federico Grisone, vissuto nella metà del XVI secolo, uno degli écuyer più celebri delle Accademie di Napoli, “doué de tous les avantages recherchés dans un cavalier”, come scrisse
Mennessier de la Lance
, è il primo autore di un’opera dedicata all’equitazione nel senso moderno del termine. Nel 1550 a Napoli, presso l’editore Paolo Suganappo, pubblicò
Gli ordini di cavalcare
di Federigo Grisone gentiluomo napoletano, scritto italiano. L’edizione dell’anno seguente, pubblicata a Venezia da Vincenzo Valgrisi, reca un titolo più lungo
Ordini di cavalcare et modi di conoscere le nature de’ cavalli, emendare i vitii loro et ammaestrargli per l’uso della guerra et comodità degli uomini, composti dal signor Federico Grisoni gentilhuomo napoletano
. L’opera riscosse subito un successo eccezionale. In Italia, tra il 1550 ed il 1620 apparvero 21 edizioni edite a Napoli, Venezia, Pesaro, Padova da differenti editori ed in vari formati e tradotta nelle principali lingue europee. In Italia una edizione critica è stata pubblicata nel 2000 a quattro secoli dopo l’ultima. Gli Ordini di cavalcare [
L’écuirie du s. Federic Grison Gentilhomme napolitain, en la quelle est monstré l’ordre et l’art de choysir, dompter, piquer, dresser et manier les chevaux, tant pou l’usage de la guerre qu’autre commodité de l’homme, avec figures de diverses sortes de mors de bride, nagueres traduite d’italien en françois
] costituiscono una pietra miliare nella storia dell’equitazione. Il volume, con carte non numerate per il titolo e la dedica ad Ippolito d’Este cardinale di Ferrara, consta di 124 pagine di testo e 30, non numerate, per le figure dei morsi e gli errata. Sul frontespizio si legge il “privilegio”, non l’imprimatur. Come è noto da partire dal 1534 venne stabilito dalla Chiesa cattolica che nessun libro, vecchio o nuovo, potesse essere stampato o semplicemente venduto, senza l’autorizzazione dell’Inquisizione. Tali autorizzazioni erano chiamate “licenze” o “privilegi”. Il trattato è suddiviso in quattro libri, a loro volta ripartiti in 245 capitoli di varia estensione. Al testo seguono, ognuna a piena pagina, cinquanta stampe raffiguranti altrettante imboccature con relative, sommarie descrizioni allo scopo di rendere più chiaro quanto viene descritto. La prima edizione è stampata in 4°, una scelta non casuale, infatti agli inizi della stampa si editavano in formato grande i libri scolatici ed universitari, medio i libri umanistici e piccolo quelli popolari, di larga diffusione. Per le edizioni successive per ognuna veniva cambiato il formato. Già nel Cinquecento fu ideato e riscosse successo il formato “tascabile” perché rendeva il libro maneggevole, consentiva al lettore di portarlo con sé. Al fine di aumentare il numero dei lettori, poco dediti alla lettura, il libro fu scritto in lingua “volgare”, cioè in italiano con forti influenze dialettali, napoletane soprattutto e non in latino la lingua ufficialmente utilizzata all’epoca. Il discorso dello scrittore napoletano è articolato sulle differenti fasi dell’addestramento del cavallo mentre la prima parteè rivolta alla conoscenza dell’animale. Fin dalle prime pagine ci rendiamo conto che Grisone è uomo del suo tempo, epoca in cui le scienze naturali erano ancora allo stato embrionale. Il libro però non è un manuale di ippologia, ma un vero trattato di equitazione, nel senso moderno del termine.Lo scopo dell’insegnamento di Grisone è finalizzato all’addestramento del cavallo, in particolare quello da guerra. Per conseguire questo fine il cavaliere deve possedere una grande “scienza”, un grande “tatto” nell’impiego degli “aiuti”, soprattutto nell’impiego delle imboccature. Non esiste un particolare morso legato al nome di Grisone, come, ad esempio, per Pignatelli. Consiglia l’impiego progressivo delle imboccature ricorrenti ai suoi giorni, note a tutti i cavalieri, fortunatamente abbandonate via via con l’evolversi dell’equitazione. L’insegnamento è basato supremi e castighi. Sugli ultimi i critici sono stati molto severi nei suoi confronti, alcuni, come il conte d’Aure, lo hanno parzialmente giustificato. Proprio sull’utilizzo dei castigo l’opera di Grisone è stata criticata per i metodi, a volte bizzarri, impiegati nell’addestramento ma tutti, estimatori e detrattori, sono concorsi nel ritenere questo autore il fondatore dell’equitazione moderna. »
Gennero (2019)