BNF : https://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb13490975h

Corte, Claudio (1525 – 16..?)

« Claudio Corte appartiene ad una nobile famiglia di Pavia che vantava una lunga tradizione nel campo dell’equitazione. Suo padre fu cavallerizzo della “regalissima & non mai bastantemente lodata Donna Isabella d’Aragona, figlia che fu d’Alfonso il Guercio Re di Napoli”. Uno zio, Evangelista di Corte, fu uno dei cavalieri più illustri di Milano nel XVI secolo.
Claudio Corte, allievo sia di padre sia dello zio, divenne presto ben noto come cavaliere e come maestro d’equitazione. All’epoca della pubblicazione della sua opera, Il Cavallerizzo , -1573-era al servizio della “Magnanima Elisabetta, gran Regina d’Inghilterra” Fu inoltre al servizio del Gran cardinale Alessandro Farnese che “sempre ha avuto razza buona di cavalli eccellentissimi”.
La figura di Claudio Corte eccelle nell’equitazione del Cinquecento con Grisone , Fiaschi , Caracciolo , Pignatelli , Ferraro …Dedicò la sua opera al conte di Leicester, il quale fu all’origine della sua visita in Inghilterra durante il regno di Elisabetta I, chiamato in qualità di esperto, per dare consigli sulla “equitazione di corte”. E’ infatti proprio in questo tempo che, da tutte le corti d’Europa, si ricercavano maestri italiani di equitazione, di pittura, di canto, di musica, di danza… Il conte di Leicester, favorito della Sovrana, s’interessò particolarmente all’equitazione ed è probabile che sia stato proprio lui a caldeggiare la venuta in Inghilterra di un altro illustre nome della Scuola napoletana, Prospero d’Osma, collaboratore di Giovan Battista Pignatelli, per occuparsi degli allevamenti reali.
Fu l’editore Giordano Ziletti a pubblicare a Venezia nel 1562 I l Cavallarizzo di M. Claudio Corte di Pavia nel qual si tratta della natura de’ cavalli, del modo di domarli et frenarli, et di tutto quello che a’cavalli et a buon cavallerizzo s’appartiene .
Il titolo venne poi modificato (o corretto) in Cavallerizzo nelle successive edizioni di Venezia del 1573, e di Lione dello stesso anno. Il vocabolo “cavallarizzo” -poi “cavallerizzo”- nella lingua italiana del Cinquecento era utilizzato nel significato di “cavaliere”, di colui che andava a cavallo, che praticava l’equitazione. Nel proemio dell’opera, un classico della storia della letteratura equestre non solo italiana, Claudio Corte dichiara di aver “preso ardire di scrivere con ordine distinto & chiaro tutto quello che a materia di cavalli & a buon Cavallerizzo s’appartiene”.
Il Cavallerizzo è diviso in tre libri. Nel primo “si ragionerà della natura de’ cavalli, del modo di tener razza, dell’allevar polledri, del farne scelta, del governo loro, & di molte altre cose utili, & necessarie intorno a questo”. Nel secondo ”ragioneremo del modo del cavalcare, & del frenare, & d’altro a questo, & al Cavaliere appartenente”. “Nel terzo & ultimo diremo quello che a buon Cavallerizzo si conviene : lasciando a dietro quella parte del medicare, & ferrare, come propria del marescalco, & del ferraro”. Si propose di scrivere su questi ultimi argomenti un nuovo libro che però o non venne mai scritto o non è mai giunto a noi. Il terzo libro differisce dagli altri perché è diviso in “dialoghi”, secondo l’uso del tempo, “essendo il dialogo attissimo a trattar tutte le cose in qual si voglia genere, che elle si sieno”. La conversazione si svolge tra l’Autore ed il “Commendator Fra Prospero Ricco, gentihuomo Milanese molto honorato & nel mestiere che ottimo Cavallerizzo”. Il colloquio si immagina avvenuto nel giardino di Agostin Gisi, a Milano, “nel quale ancora molte volte usavamo divenire a diporto, a correr lance, maneggiar cavalli nelle sue belle, dilettevoli & ombrose strade per fuggire la malvagità del caldo”.
Negli intenti dell’Autore il libro era destinato ad un vasto pubblico, anche quello poco o nulla istruito. Molto severo è il giudizio di Corte circa l’ignoranza dei cavallerizzi suoi contemporanei tanto da scrivere” a’ cavallerizzi del tutto ignoranti si potrebbe anco dire quell’adagio over proverbio che dice: sono più ignoranti di Filonide, che fu tra gl’ignoranti ignorantissimo” Il Cavallerizzo di Claudio Corte è la rappresentazione del gentiluomo del Rinascimento, colto, istruitoe raffinato come si può ricavare dalla lunga descrizione trattata nel terzo libro. Contrariamente alle opere di Federico Grisone e di Cesare Fiaschi lo scritto di Claudio Corte conobbe soltanto una traduzione all’estero. Thomas Bedingfield la tradusse in inglese e fu edita a Londra da H. Denham con il titolo di The Art of Riding nel 1584. » Mario Gennero (2019)